Literatur-TANDEM-letterario 2024
Commento di Chiara Maciocci

Il Literatur-TANDEM-letterario 2024 è una borsa di studio per giovani scrittori provenienti da Italia e Germania. Gli autori hanno presentano un racconto (short story) nella propria lingua. Nell’ambito di un tandem tedesco/italiano hanno quindi tradotto il racconto del partner di lingua straniera nella propria lingua.

Uno dei sei tandem del 2024 è Maria Orlovskaya con la sua storia Das, was bleibt e Chiara Maciocci con la sua storia Genealogie interrotte. Nel suo commento alla traduzione del testo Das, was bleibt Chiara Maciocci ha scritto:

Nel leggere il racconto di Maria, da conoscitrice della lingua tedesca, ho avuto la strana sensazione di star leggendo una lingua che conoscevo e insieme mi era nuova; …
… a tradurre, ma che si è rivelata estremamente complessa proprio in quegli scarti dall’uso comune che sono propri di una scrittura letteraria. Ad esempio, mi è risultato difficile restituire, in italiano, la pregnanza con cui le formule del parlato, nel testo di Maria, risultassero inserite nei solchi del flusso narrativo, e ad esso rimanessero legate rivelando una loro natura estetica vivissima …

Chiara Maciocci

Ecco il commento completo di Chiara Maciocci:

Quando ho letto il racconto di Maria, non sapevo quanto le nostre due storie avessero a che fare l’una con l’altra, e quanto si richiamassero a vicenda da punti lontani ma simili. Non a livello di voce o di stile – ho scoperto che abbiamo due stili diversi, diversi tic formali e diverse modalità di narrare – ma a livello di focalizzazione della storia nel paesaggio che le è sempre proprio, e cioè quello della relazione: si tratta, per entrambe le storie, di protagoniste fatte delle relazioni che vivono, e della storia relazionale – genealogica e specificamente femminile – in cui si inseriscono. Entrambe le storie parlano dello strano rapporto tra una tradizione e la sua interruzione, o il suo mutamento, nel passaggio delle generazioni; e parlano di una metamorfosi che è metamorfosi continua degli affetti e delle convinzioni: un qualcosa che si muove, arriva in un punto, e tuttavia non si ferma a quel punto, ma continua a rincorrere sempre altri punti – alla larga dalla rigidità ideale di qualsiasi lieto fine.
Nel leggere il racconto di Maria, da conoscitrice della lingua tedesca, ho avuto la strana sensazione di star leggendo una lingua che conoscevo e insieme mi era nuova; una lingua che, a livello di superficie, non ho fatto fatica a tradurre, ma che si è rivelata estremamente complessa proprio in quegli scarti dall’uso comune che sono propri di una scrittura letteraria. Ad esempio, mi è risultato difficile restituire, in italiano, la pregnanza con cui le formule del parlato, nel testo di Maria, risultassero inserite nei solchi del flusso narrativo, e ad esso rimanessero legate rivelando una loro natura estetica vivissima; come è stato difficile riportare nella mia traduzione il modo in cui le descrizioni dei luoghi e delle situazioni accolgono anch’esse dentro di sé quel movimento che, nel racconto, è specificamente proprio dello scambio serrato dei dialoghi. Non è stato facile, del resto, rendere vividi in italiano dialoghi che sono nati in tedesco, e che nel tedesco hanno trovato le loro ragioni e le loro modalità; a un certo punto ho pensato che avrei dovuto stravolgerli, se volevo fare in modo che risultassero altrettanto concreti e reali, essenzialmente quotidiani, anche nella mia lingua. Ma non volevo stravolgere: tradurre è tenersi in equilibrio sulla linea sottile che separa lo stravolgimento dalla restituzione fedele, la riscrittura dal calco. Io ho scelto, per quanto mi è stato possibile, la strada di una re-invenzione che mantenesse intatte le parole e i nessi tra di esse; spero di essere riuscita a restituire, almeno in parte, la naturalezza con cui il flusso della storia si svolge e si stravolge da sé. 
Come le nostre tradizioni interrotte e sconvolte, le nostre traduzioni hanno interrotto o sconvolto il testo originale dell’altra. Ma è proprio in questo sconvolgimento che i testi originali avevano il loro senso, e una metamorfosi della loro lingua non poteva che far risuonare questo senso in maniera sì imprevista, ma in fin dei conti fedele. 

Chiara Maciocci