Il Literatur-TANDEM-letterario 2024 è una borsa di studio per giovani scrittori provenienti da Italia e Germania. Gli autori hanno presentano un racconto (short story) nella propria lingua. Nell’ambito di un tandem tedesco/italiano hanno quindi tradotto il racconto del partner di lingua straniera nella propria lingua.
Uno dei sei tandem del 2024 è Lisa Glöckler con la sua storia zu hause sind wir drei e Isidora Tesic con il suo racconto La casa. Nel suo commento alla traduzione del testo zu hause sind wir drei Isidora Tesic ha scritto:
Secondo George Steiner la traduzione, a parte l’atto formale di creare un passaggio da una lingua a un’altra, è un’esperienza esistenziale – in un certo senso richiede che si riviva l’intenzione che ha portato alla creazione, il perché dell’impulso, la ragione.
Isidora Tesic
… Abbiamo iniziato a parlare dei racconti molto prima di cominciare la traduzione. Ci siamo viste e li abbiamo ri-narrati ad alta voce, ci siamo soffermate sul valore della lingua, sulla struttura narrativa, sui personaggi, ….
Abbiamo poi iniziato a tradurre i racconti, cercando di farlo dai testi originali, ma per entrambe la lingua, o meglio le sfumature di una lingua che non conoscevamo e che trasformavano il processo in decifrazione, una vera a propria riscrittura, assumeva anche l’aspetto di una velatura. …
Parlandone, quindi, abbiamo deciso di costruire una sorta di strada interna, un luogo condiviso, in cui la lingua (che era l’inglese) e quindi la forma, fosse successiva all’essenza, in cui desideravamo che la verità di quello che ciascuna di noi aveva scritto (una verità personale, certo, ma pur sempre l’intima ragione della scrittura) potesse essere trasmessa, in cui “l’esperienza esistenziale” potesse essere percepita. …
Ecco il commento completo di Isidora Tesic:
Secondo George Steiner la traduzione, a parte l’atto formale di creare un passaggio da una lingua a un’altra, è un’esperienza esistenziale – in un certo senso richiede che si riviva l’intenzione che ha portato alla creazione, il perché dell’impulso, la ragione. Forse perché la creazione è prima di tutto intenzione.
Isidora Tesic
Con Lisa è stato così fin dal principio. Abbiamo iniziato a parlare dei racconti molto prima di cominciare la traduzione. Ci siamo viste e li abbiamo ri-narrati ad alta voce, ci siamo soffermate sul valore della lingua, sulla struttura narrativa, sui personaggi, sul perché di quei personaggi, sui loro movimenti interni e sui nostri, sullo spazio e sul tempo nella scena narrativa, sul meccanismo della scrittura (cosa vedi, quando scrivi?), ma in fondo affrontando il tutto come una più ampia premessa di quello che era veramente il nucleo, ossia il significato, l’atto intenzionale della creazione che si manifestava sotto forme differenti mantenendo però una sua intima coerenza, un tentativo di risposta a un’urgenza o un interrogativo.
Abbiamo poi iniziato a tradurre i racconti, cercando di farlo dai testi originali, ma per entrambe la lingua, o meglio le sfumature di una lingua che non conoscevamo e che trasformavano il processo in decifrazione, una vera a propria riscrittura, assumeva anche l’aspetto di una velatura. Tra quella che era l’intenzione, veicolata dalla scrittura – la scrittura di Lisa nitida, levigata, dove tutto è profondamente intenzionale – e la forma, si aprivano degli scollamenti, degli spazi in cui non c’era solo il rischio di un fraintendimento, ma anche di incomprensione.
Parlandone, quindi, abbiamo deciso di costruire una sorta di strada interna, un luogo condiviso, in cui la lingua (che era l’inglese) e quindi la forma, fosse successiva all’essenza, in cui desideravamo che la verità di quello che ciascuna di noi aveva scritto (una verità personale, certo, ma pur sempre l’intima ragione della scrittura) potesse essere trasmessa, in cui “l’esperienza esistenziale” potesse essere percepita. E allora quella nitidezza, anche visiva, della scrittura di Lisa ha riassunto il suo significato. La precisione con cui ha raccontato di Konstantin e Silvio e della madre, i loro equilibri e le loro mancanze, senza indulgenza ma senza ferocia, dove si prova compassione per ciascuno per motivi differenti proprio perché non è richiesta nessuna compassione, perché la scelta di una lingua priva del superfluo è una dichiarazione di intenti, una privazione che si libera delle codifiche, delle aspettative, e tutto questo ha dispiegato una scena familiare, una trinità di ruoli (A casa siamo tre, che è un titolo che racchiude tutto il dolore e la rivendicazione), una sorta di quadro vivente in cui quello che accade sembra che accada inevitabilmente, in cui gli eventi sono consequenziali, eppure in cui c’è – e ci deve essere – il dissesto, proprio quel sussulto che fa mettere ogni cosa in dubbio.
Volevo ringraziare Lisa, per questa esperienza. Lavorare sul suo racconto e parlare con lei è stata una sperimentazione di scrittura ma più di tutto di visione, di prospettiva. E soprattutto, un modo di ri-conoscersi.